Se domani superiamo il pregiudizio della bellezza
A casa mia, nessuno ha mai fatto un discorso specifico su cosa un uomo ed una donna potessero essere o fare, e ciò che ho maturato nell’intimo credo siano figure formate da tanti piccolissimi messaggi subliminali, casuali, legati a singoli episodi.
Cominciando dalla famiglia, mio padre era alto e grosso, mia madre minuta. Mio padre aveva una voce forte, ascoltava LP di tonanti opere Pucciniane sul giradischi, aggiustava la lavatrice. Mia madre sussurrava, ascoltava musica senza sceglierla accendendo la radio, mi esponeva al rischio di scivolare con la sua mania di dare la cera ai pavimenti. Mio padre usciva di casa la mattina presto per andare in ufficio, e l’idea che ne avevo era che affrontasse là fuori un mondo infido e confuso, roba seria. Mia madre faceva i mestieri di casa, ma avevo la sensazione che ognuno di essi fosse facile.
Allargando il campo, tutte le famiglie con cui venivo a contatto avevano la medesima struttura: padri al lavoro, madri casalinghe. Poi, il prete che diceva Messa era un uomo. Il pediatra da cui si andava ogni tanto era un uomo. Il nostro padrone di casa era un calciatore famoso ed era un uomo. Il panettiere, il salumiere erano uomini. I ventitré personaggi che si vedevano in tv dietro a una palla erano uomini. Chi dava le notizie al telegiornale o diceva del tempo era un uomo. I due importantissimi personaggi pubblici su cui mi pareva si reggesse il mondo – John Kennedy e Papa Giovanni XXIII – erano uomini. Lo zecchino d’oro era presentato da un uomo. Il festival di Sanremo era presentato da un uomo, al massimo una donna gli passava i foglietti e sorrideva.
Più di uno tra questi esempi può appartenere alla sfera del futile e del leggero, ma il messaggio che mi arrivava era che essere un uomo voleva dire avere tantissime possibilità. Le donne, semplicemente, erano altro. Prossime solo a cose come casa, fazzoletti, borsa della spesa, borotalco con cui mi ricopriva dopo il bagnetto. Mia madre era la normalità e nella normalità c’erano tutte le altre donne normali, dalle nonne alle zie alle vicine di casa.
Avevo però l’idea che qualche donna eccezionale ci fosse e, nella mia vita, erano quattro.
Una era Giulietta, una bambina con un sorriso luminoso e due occhietti vispi con la quale si giocava in cortile. L’altra era Gemma, una cugina di mia mamma sui tredici o quattordici anni e aveva un viso davvero radioso, chiacchierava e rideva molto, mi prendeva in braccio. Le altre due invece erano donne dello spettacolo: le gemelle Kessler. Erano bionde (intorno a me nessuna donna lo era), sorridevano radiose, ballavano in modo armonioso. Non mi sarebbe mai venuto in mente di pensare a loro come dedite a dare la cera, stirare le camicie, preparare il sugo. Mi mostravano che c’era un mondo di scintille, l’unico dove le donne fossero in primo piano.
Mi rendo conto ora che le donne che da bambino e ragazzo consideravo eccezionali erano quelle portatrici di bellezza, un criterio abbastanza distorto considerato a posteriori.
Questo racconto ci ricorda dello stereotipo che lega il valore della donna alla sua bellezza. Nell’educazione maschilista la donna “ornamento” è il bottino di guerra dell’uomo potente. Quello che possiamo chiamare il “pregiudizio della bellezza” esige un alto costo dalle donne e la sua contropartita non risparmia una certa dose di malessere agli uomini.
Abbiamo raccolto delle riflessioni per affrontare il pregiudizio della bellezza dai due punti di vista.
Dal punto di vista maschile ci hanno detto: “È abbastanza frequente sentire parlare degli effetti dolorosamente umilianti che l’essere giudicate prima di tutto per la propria bellezza fisica, genera nelle donne: standard di bellezza irrealistici, oggettivazione sessuale, discriminazione sul lavoro, limitazioni alla crescita, pressione per la conformità, sentimenti di inadeguatezza, rabbia per il proprio talento non riconosciuto.
Si parla meno degli effetti negativi di questo fenomeno su noi uomini: grande povertà e superficialità nelle relazioni di coppia. Acuta solitudine legata alla scarsa stima nei confronti delle nostre compagne. Senso di intrappolamento nella ricerca di ornamenti al nostro successo e alla nostra potenza. Questa continua caccia all’espressione visibile dagli altri di una potenza conseguita, ci toglie profondità e capacità di introspezione. Ci impedisce dolorosamente di condividere anche fra di noi le paure, le ansie ed il disagio per gli inevitabili, e salutari, insuccessi. Ci provoca una dipendenza da cui è molto difficile liberarci.”
Il commento dal punto di vista femminile è: “Leggendo questa storia, tra i vari spunti di riflessione, quello predominante riguarda la relazione tra il pregiudizio e la percezione che ha il bambino del mondo intorno a sé. Il pregiudizio della bellezza è spiegato bene nel racconto: si riconosce la donna in “primo piano” solo in relazione alla sua bellezza.
La donna può essere altro rispetto alla banalità solo perché è bella.
Che poi non c’era nulla di banale o di facile nei lavori e attività svolte dalla mamma o le altre donne nella vita del bambino, tuttavia lui le percepiva come tali.
Questo mi porta subito a considerare il ruolo fondamentale che ha la società nella vita del singolo, non solo tramite l’educazione e l’istruzione ma anche e sopratutto tramite i messaggi e gli esempi veicolati dai media. Soprattutto i social media hanno oggi un ruolo centrale per le giovani generazioni e possono e devono essere strumento di incoraggiamento per la diffusione di esempi positivi e inclusivi della diversità.”
I dati ci dicono che tuttora le giovani donne sono le più influenzate dalla narrazione della perfezione: social network e app veicolano immagini perfette con cui confrontarsi e che causano insicurezza e disagio1.
Scostarsi da questa narrazione è complesso ma crediamo che più sarà possibile alle donne di affermarsi in ambiti diversi e prendere per sé più spazi, più ci allontaneremo dall’idea che la bellezza sia in qualche modo funzionale alla figura della donna e al suo ruolo nel mondo.
Se domani smettessimo di inseguire la bellezza estetica a conferma del nostro valore?
C’è un episodio della tua vita in cui ti sei sentita/o ingabbiata/o in un modello di bellezza stereotipata? Raccontacelo nei commenti.
Lunedì 21 ottobre alle ore 20.45 terremo il nostro primo incontro in presenza da quando abbiamo lanciato la newsletter. Il tema dell’incontro sarà il linguaggio e il luogo d’incontro è il circolo Marcona101 in via Marcona 101 a Milano. Vi aspettiamo :)
Osservatorio Generation Ship realizzato da Changes Unipol interamente consultabile qui https://changes.unipol.it/wp-content/uploads/2023/10/Changes-Unipol_Osservatorio-Generation-Ship-2023.pdf